
DESCRIZIONE UNIFORME 2° GUERRA MONDIALE
Anche le uniformi del Savoia, nel periodo compreso fra l’entrata in guerra ed il 1942 furono soggette, specie quelle della truppa, ad un forte scadimento di qualità, dovuto alla mancanza di materie prime ed al deterioramento di fregi e distintivi.
Il primo gradino di questo lungo ma costante processo è ormai ritenuta l’adozione della cosiddetta ‘uniforme di guerra’ già nella tarda estate del 1940.
Essa era composta da una giacca in ruvido panno grigioverde, chiusa da tre bottoni, portata a colletto aperto con camicia di flanella grigioverde e cravatta – rossa per il Savoia – Le quattro tasche erano a toppa, con alette dritte; le maniche avevano paramani dritti, ma essi a volte mancavano; sul dietro c’era uno spacco, fissato in alto con cucitura a triangolo.
La giacca era stretta in vita da una cintura dello stesso panno , sorretta da quattro passanti, regolabile con due bottoni.
Sulle semplici controspalline semifisse compariva solo il numero di squadrone od altre indicazioni, come la D per il personale del Deposito, in bianco su di un rettangolo nero, che poi tendettero a scomparire.
Sul bavero semplici ‘fiamme’ a tre punte, da 6 x 3.2 cm, in panno o velluto nero con stellette applicate .
Tutti i bottoni metallici, decorati col fregio dell’Arma, erano stati sostituiti con quelli ‘di frutto’ ovvero in un modesto materiale autarchico colore verde scuro.
I pantaloni non poterono essere altri che quelli per armi a cavallo adottati nel 1935, in panno grigioverde, con quattro passanti per cintura, due tasche ai fianchi e due posteriori, con interno della gamba rinforzato da topponi con cuciture angolate.
Le calzature erano i gambali a stecca da truppe montate, in cuoio nero, assicurati alla gamba con strisce dello stesso materiale e con scarponcelli modello 39 di cuoio nero.
In seguito, la carente situazione dei rifornimenti e delle riserve mostrò la corda; le giacche divennero di un panno sempre più rozzo e verdastro e mancando una regolare fornitura per le calzature si usarono stivali anche per la truppa.
Comunque, trattandosi di un reparto di prestigio, che aveva alle spalle 200 anni di vita, è probabile che si cercasse di conservare il più possibile un certo decoro.
I distintivi di grado, dall’appuntato al caporale maggiore, erano galloni in rayon rosso, ridotti alla larghezza di 5 cm e cuciti sulle maniche in alto, più tardi anche il loro confezionamento vedrà un abbassamento di livello.
La truppa portava ancora la bandoliera modello 91 da cavalleria in cuoio grigioverde chiaro, a due tasche per solo 4 caricatori, resistente ma ormai poco funzionale.
Oltre a questa, si portava la classica borraccia modello 33, rivestita di panno grigioverde e provvista di cinghia in canapa ed il tascapane , di tela di canapa grigia e dotato di tracolla in tela con fibbia.
L’elmetto era il modello 33 standard, con soggolo in cuoio grigioverde od in canapa.
Sulla sua vernice grigioverde scuro campeggiava, sul davanti, partendo da 2 cm dal filo inferiore, la tradizionale croce nera alta 10 cm e larga poco più di 9.
Questo distintivo dei primi quattro reggimenti montati era stato reintrodotto nel 1935 e per tutti i gradi.
L’uniforme modello 33 degli ufficiali, ancora in vigore all’epoca dell’entrata in guerra, era realizzata in un tessuto diagonale grigioverde, detto cordellino, di buona qualità rispetto al panno di quelle da truppa.
il ‘cordellino’ ebbe diverse sfumature, come il salvia o quella denominata ‘Principe di Piemonte’.
La giacca, chiusa da quattro bottoni, era portata a bavero aperto e rovesciato, con camicia e cravatta; il taglio era leggermente incavato alla cintola e le quattro tasche erano a toppa con aletta dritta; la parte posteriore aveva lo spacco mentre le maniche avevano paramani dritti da 8-9 cm d’altezza, filettati di nero; il bavero era nero, con stellette applicate; le controspalline semifisse erano filettate anch’esse in nero.
I distintivi di grado erano larghi 8 cm, in filo metallico dorato su fondo grigioverde, ma ben presto divennero quelli previsti per l’uniforme ‘di guerra’, in rayon giallo cucito su soppanno grigioverde, lunghi 5 cm, da portarsi sui paramani; quelli del nostro figurino sono il classico ‘giro di bitta’ da sottotenente.
I pantaloni alla cavallerizza erano in cordellino, con due tasche verticali lungo i fianchi, una terza sulla parte posteriore destra, un taschino a taglio sul alto anteriore sinistro.
Erano guarniti di doppie bande di panno nero, larghe 52-55 mm, intervallate da una pistagna – da 2 a 4 mm – di panno rosso.
Gli stivali erano quelli neri d’ordinanza.
In pelle semirigida nera, con gambale alto sino a 10 cm sotto al ginocchio.
Per gli ufficiali, la ‘uniforme da guerra’ doveva essere quella da truppa, senza filettature e senza più bande ai pantaloni.
Tuttavia si consenti’ di portare a consumazione l’uniforme di marcia, adeguandola allo standard di quella ‘da guerra’ per quel che riguardava il bavero – che diventava in panno grigioverde, nelle controspalline che erano private del fregio e della filettatura, per essere cucite al giromanica, e dulcis in fundo nei bottoni, non più dorati ma ‘in frutto’ anch’essi.
Restavano inalterate la filettatura nera ai paramani e la banda nera ai pantaloni.
La normativa fu sempre troppo generica e non potè portare che molta difformità nell’ambito dei reparti, basti pensare che sino al 1941 furono consentite uniformi ‘di marcia’ anteguerra, a volte senza nessuna modifica.
Per gli ufficiali era previsto il cinturone con spallaccio regolabile, in cuoio marrone, per fondina da pistola, che si chiudeva sul davanti con fibbia in ottone.
Il cinturone sorreggeva all’occorrenza anche la borraccia o la borsa portacarte in cuoio marrone, della quale esisteva anche una versione ‘aperta’.
STORIA DEL REGGIMENTO
Il Reggimento “Savoia Cavalleria” (3°) fu costituito il 23 luglio 1692 nel Ducato di Savoia, per ordine del Duca Vittorio Amedeo II ed affidato al comando del Colonnello Gian Michele de Rossi di Piossasco Conte di None, che ne aveva curato il reclutamento riunendo alcune compagnie di “genti d’arme” (i reparti fra i più scelti dell’epoca). L’organico fu, inizialmente, di 450 uomini ed altrettanti cavalli, articolato in nove compagnie di cinquanta cavalieri. Come Stendardo e come stemma araldico fu adottato il puledro rampante delle “genti d’arme”, di colore argento su campo rosso. La denominazione indicava che tale nuovo reggimento avrebbe potuto reclutare solo dalla Savoia e si stabilì che il bavero dell’uniforme sarebbe stato di colore nero, il colore distintivo della regione transalpina.
Il Ducato di Savoia, stretto fra le grandi potenze europee dell’epoca, ma risoluto nel voler approfittare delle loro controversie per dare vita ad un ambizioso progetto di espansione territoriale (essenzialmente nel Piemonte e nella Lombardia), prese parte ai vari conflitti che insanguinarono il continente europeo, alleandosi, con alterne fortune, ora all’una ora all’altra parte in lotta, senza soluzione di continuità. Il reggimento “Savoia Cavalleria” vanta il primato di aver partecipato a tutti gli eventi bellici a cui prese parte il Ducato sabaudo, prima, e il Regno di Sardegna, poi.
Nella Campagna della Lega Augusta, “Savoia Cavalleria” ebbe il battesimo del fuoco a meno di un anno dalla sua costituzione a Marsaglia (Cuneo) contro i francesi, anche se tradizionalmente si ricordano, come suoi primi impieghi bellici, quelli durante la Guerra di Successione Spagnola, a Chieri (1 settembre 1701) e a Luzzara (16 agosto 1702), contro gli Austriaci. Tuttavia, il Duca Vittorio Amedeo II si fece ammaliare dalle promesse austriache di ben più ingenti conquiste territoriali, in caso di “cambio di bandiera”: così avvenne, ma il Duca dimenticò di aver ceduto il reggimento “Savoia Cavalleria” al corpo di spedizione francese. Il reggimento venne così accerchiato, disarmato, i cavalieri dispersi e gli Ufficiali incarcerati a San Benedetto di Po (1704), da cui fuggirono e, riparati in Piemonte, riuscirono a ricostituire il reggimento in meno di un anno. Quell’episodio portò ad adottare (per un breve periodo) un nuovo emblema reggimentale (ancor’oggi presente nello stemma repubblicano), la quercia con i rami spezzati e reinnestati, nonché il motto “secta et ligata refloret”. Durante l’assedio di Torino da parte dei francesi (di cui tutti ricordano l’eroico martirio dell’artigliere Pietro Micca), il reggimento venne tenuto al di fuori della cittadella, con i compiti di disturbare le truppe assedianti e fare da collegamento tra il comando militare in città e la corte del Duca, che si era riparato sulla collina di Superga. Durante una delle sue incursioni contro le truppe francesi, “Savoia” si trovò a doversi confrontare con preponderanti forze francesi presso il piccolo abitato di Madonna di Campagna (7 settembre 1706), uscendone vittorioso e riuscendo a creare una breccia nella cerchia degli assedianti, in cui si infilò l’esercito imperiale austriaco guidato dal Principe Eugenio, che liberò Torino dalla mortale stretta francese. A questo episodio, decisivo per le sorti della guerra, rimontano due elementi costituitivi della storia e della tradizione del reggimento: il motto e la cravatta rossa. Infatti, un portaordini a cavallo fu inviato al cospetto del Duca per dargli l’immediata notizia della vittoria, tuttavia, durante il suo tragitto, venne individuato e circondato da un drappello francese: nella breve e violenta lotta che ne seguì, ricevette un fendente di sciabola alla gola, ma riuscì ugualmente a restare saldo in sella e a proseguire la sua corsa per riferire il vitale messaggio. Giunto dinnanzi al Duca Vittorio Amedeo II ormai morente, il cavaliere riuscì solamente a pronunciare tre parole, “Savoye Bonnes Nouvelles” (“da Savoia buone notizie”). Il Duca rimase talmente colpito da tanta abnegazione da decretare che quelle tre parole divenissero il motto ufficiale del reggimento e che, in ricordo del sangue che aveva imbrattato la giubba del valoroso cavaliere portaordini, il bavero nero del reggimento “Savoia” sarebbe stato ornato da un filetto di cotone rosso (che, nella riforma uniformologica del 1935, diventerà l’attuale cravatta rossa).
Nel 1730 il Duca Vittorio Amedeo II abdicò in favore del figlio Carlo Emanuele III, che si trovò subito coinvolto in un nuovo conflitto europeo, la Guerra di Successione Polacca, in quanto allettato dalla promessa della Francia e della Spagna di poter ricevere la Lombardia, qualora si fosse unito a loro in battaglia contro l’Austria e la Russia. Il reggimento, combattendo questa volta contro gli austriaci, si distinse particolarmente a Parma (29 giugno 1734) e a Guastalla (19 settembre 1734). In quest’ultima battaglia, scontrandosi per l’ennesima volta durante la stessa giornata contro preponderanti forze austriache, i cavalieri di “Savoia”, nel partire alla carica decisiva, ripeterono a squarciagola il grido “Savoia” che il loro Comandante, il Colonnello Vittorio Damiano di Castellinado, aveva lanciato per incitarli: tare origine da quest’episodio, dunque, il grido di guerra delle truppe piemontesi, prima, e del Regio Esercito Italiano, poi.
Nella Guerra di Successione Austriaca il reggimento fu ancora impegnato in Emilia e in Lombardia, alleato con gli Austriaci contro i Francesi e gli Spagnoli, con i quali si scontrò duramente a Modena (29 giugno 1742) e a Mirandola (22 luglio 1742). L’anno successivo a Camposanto (Reggio Emilia) catturò, con una carica travolgente, la bandiera del reggimento spagnolo “Guadalaxara”, che è ancora conservata presso il Museo del reggimento, a Grosseto. Volgendo al peggio le sorti della campagna, il reggimento venne richiamato in Piemonte dove, il 19 dicembre 1745, prese parte al sanguinoso combattimento di Bassignana. Nell’agosto seguente, tornato in Emilia, combatte in Val Tidone, a Rottofreno (Piacenza), riuscendo a ricacciare oltre il Po il corpo di spedizione franco-spagnolo e contribuendo a scongiurare il pericolo di accerchiamento e assedio di Piacenza, al cui interno era acquartierato il Comando dell’armata austriaca.
Alla morte di Carlo Emanuele III (20 febbraio 1773), salì al trono Vittorio Amedeo III, il quale attuò per l’Esercito una serie di riforme ispirate al modello prussiano. Seguì un periodo di pace fino allo scoppio della rivoluzione francese nel 1789, quando il Regno sardo – piemontese si schierò con le potenze europee, che si coalizzarono per restaurare con la forza in Francia il sistema preesistente. Nel 1796 Napoleone Bonaparte, assunto il comando dell’Armata d’Italia, valicò le Alpi e mise rapidamente fuori causa l’esercito sardo ed i suoi alleati. Nel 1978, con l’annessione del Piemonte alla Francia e sciolto dal giuramento di fedeltà al Re di Sardegna, “Savoia” assunse la denominazione di “6° Reggimento di Cavalleria” e passò sotto le fila dell’armata napoleonica. Sconfitto Napoleone, il Regno Sardo riottiene la sua sovranità e con un Regio Decreto dl 1° dicembre 1814, “Savoia” viene ricostituito da Vittorio Emanuele I in Venaria di Torino.
Con il 1848 hanno inizio le Guerre di Indipendenza per l’unità d’Italia, nelle quali “Savoia” venne costantemente impegnato. Nella 1^ Guerra d’Indipendenza, il reggimento combatté sotto le mura di Verona (6 maggio 1848), a Goito (30 maggio 1848), Sommacampagna e Staffalo (24 luglio 1848) e, dopo tre giorni, a Volta Mantovana. Nel 1849 fu presente a Mortara (21 marzo) ed a Novara (23 marzo) ove invano tentò, unitamente ad altri reggimenti di Cavalleria, di capovolgere con cariche disperate le sorti della sfortunata battaglia. Nel 1859, all’inizio della II^ Guerra d’Indipendenza, il reggimento si distinse in un’audace puntata verso le Cascine di Strà (12 maggio), nella ricognizione del fiume Sesia (21 maggio), nel passaggio dello stesso fiume (25 maggio). Prese parte a tutta la campagna che si concluse con l’armistizio di Villafranca (8 luglio), in base al quale viene liberata la Lombardia, ma non il Veneto ed il Trentino, come il favorevole andamento della guerra aveva lasciato sperare. Il 9 ottobre 1859 “Savoia Cavalleria” raggiunse la nuova sede di Milano. Nella III^ Guerra d’Indipendenza, a seguito della quale l’Austria fu costretta a cedere il Veneto, il Reggimento combatté a Custoza (24 luglio 1866) ed il 20 settembre 1870, partecipò con il I gruppo squadroni alla presa di Roma, proclamata capitale d’Italia. Nel frattempo, il II gruppo squadroni, traferito con il comando di reggimento a S.Maria Capua Vetere, venne fortemente impiegato, dal 1868 al 1870, nella guerra al brigantaggio. Tra il 1895 e il 1896, il reggimento fornì squadroni per la conquista dell’Africa Orientale.
Nel corso della I Guerra Mondiale “Savoia” combatté sia a cavallo sia appiedato sui più tormentati tratti del fronte. Nel 1915 il Reggimento, inquadrato nella 3^ Divisione di Cavalleria, fu dislocato in riserva dietro il Tagliamento. La sua sezione mitragliatrici, appiedata, combatte sul Carso, a M. San Michele (24 ottobre), sul ciglione di Fogliano, sul M. Sei Busi (8 agosto), nella celebre trincea delle “Frasche” ove, il 24 ottobre, concorse a respingere un violento attacco nemico, subendo gravi perdite. Nel 1916 il Reggimento combatté appiedato o andando a costituire, con i suoi squadroni, compagnie mitraglieri. Nel maggio venne rimesso a cavallo nell’eventualità di dover arginare uno sfondamento avversario sugli altipiani a seguito della grande offensiva austriaca. Nel luglio fu sul fronte di Gorizia. L’11 agosto, malgrado la violentissima reazione nemica, “Savoia”, guadando l’Isonzo a San Lorenzo di Mossa e a Peteano riuscì con una brillantissima e sanguinosa azione a tagliare la strada alle forze nemiche che si ritiravano dalla città. Nel 1917, dopo la rottura di Caporetto, tutta la Cavalleria italiana fu rimessa in sella per cercare di imporre una battuta d’arresto al nemico incalzante, dando così tempo alla 2^ e 3^ Armata di ritirarsi dietro il Tagliamento. Mentre “Genova” e “Novara” si immolarono il 30 ottobre a Pozzuolo del Friuli, “Savoia” coprì il ripiegamento della 3^ Armata prima sul Tagliamento, poi sul Livenza infine, sul Piave, battendosi strenuamente a Croce di Vincharuzzo (Aviano 2 novembre), a San Foca, a Visnadello (8 novembre) e sul Monticano. Il 9 novembre, ultimo reparto della Divisione, passò il Piave. Dopo Vittorio Veneto e la ripresa dell’offensiva, la Cavalleria fu nuovamente a cavallo con il compito di avanguardia e di imporre le maggiori perdite possibili alle retroguardie austriache. Il 1° novembre 1918 a San Martino e San Foca (PN) il reggimento si aprì la strada verso la pianura friulana, caricando le mitragliatrici austriache. Alle prime luci dell’alba del 3 novembre 1918, con la città di Udine ancora in mano austriaca, una pattuglia a cavallo di “Savoia”, agli ordini del Ten. Baragiola, riuscì a penetrare in centro città annunciando l’imminente arrivo delle truppe italiane e scattandosi una foto a riprova dell’ardimentosa azione: per questo fatto, lo Stendardo venne decorato con la Medaglia di Bronzo al V.M..
Allo scoppio della 2^ Guerra Mondiale “Savoia”, inquadrato nella 3^ Divisione Celere, prese parte, nel giugno del 1940, alle operazioni contro la Francia lungo la frontiera alpina occidentale, ma venne poi immediatamente rischierato sul fronte italo–jugoslavo (in Croazia e in Bosnia) dove rimase fino alla primavera del 1941. Rimpatriato in Italia, fu acquartierato a Lonigo (VI) e da qui, nel luglio 19141, partì per il fronte russo unitamente agli altri reparti della Divisione, che costituivano il nerbo del C.S.I.R. (Corpo di Spedizione Italiano in Russia ). Lontanissimo dalla madrepatria e armato ancora solo di cavallo, sciabola, moschetto e poche mitragliatrici, “Savoia” compì imprese indimenticabili scritte a caratteri indelebili nella motivazione della Medaglia di Bronzo V.M., per le azioni dall’agosto 1941 al maggio 1942 nel distretto di Stalino (Ucraina), e della Medaglia d’Oro V.M., per la carica di Isbuschenskij il 24 agosto 1942, contro l’812° reggimento di fanteria siberiano, su tre agguerritissimi battaglioni forti di oltre duemila uomini armati di mitragliatrici e di mortai, concludendo, con una pagina ineguagliabile, l’epopea del Reggimento nelle steppe russe. Il reggimento fece rientro dalla Russia per scaglioni, tra il novembre 1942 e la primavera del 1943. A seguito dell’armistizio, il Comandante, Colonnello Bettoni di Cazzago, decise di trasportare gli armamenti, i documenti sensibili e lo Stendardo in Svizzera, poiché non voleva che potessero essere usati nella guerra fratricida tra italiani che si stava già delineando all’orizzonte.
Il 15 ottobre 1946, a poco più di un anno dalla conclusione del secondo conflitto mondiale, si ricostituì il Gruppo esplorante “3° Cavalieri” della Divisione Legnano nella sede di Milano. Il 15 aprile 1950 il “Gruppo” venne trasformato in “Reggimento” e denominato “Gorizia Cavalleria”: lasciò la Divisione Legnano per passare alle dirette dipendenze del 3° Corpo d’Armata. Il 24 novembre 1957, “Gorizia” si spostò dalle sedi di Milano e Voghera riunendosi in quella di Merano, passando alla dirette dipendenze del 4° Corpo d’Armata e riottenendo la denominazione originaria di Reggimento “Savoia Cavalleria”. Nel 1961, venne concesso al reggimento di riappropriarsi dei propri colori tradizionali: fiamme nere e cravatta rossa. Il 10 ottobre 1975, nell’ambito del processo di revisione dell’Esercito, “Savoia” venne trasformato in 3° Gruppo Squadroni corazzato “Savoia Cavalleria”.
Il 23 maggio 1992, nel terzo centenario dalla fondazione, “Savoia” riassunse la configurazione di “Reggimento” e venne armato con le Blindo Centauro. Dall’8 aprile 1995 al 15 giugno 1995, uno squadrone di “Savoia” prese parte all’Operazione “Vespri Siciliani” nella città di Catania. Il 7 ottobre 1995, lasciò la sede di Merano per quella attuale di Grosseto, divenendo l’unità esplorante della Regione Tosco-Emiliana ed acquisendo le infrastrutture, i mezzi, i materiali ed il personale del disciolto Reggimento “Lancieri di Firenze” (9°). Dal 16 luglio al 19 settembre 1996, partecipò, con due squadroni, all’Operazione “Vespri Siciliani” nelle città di Palermo e Piazza Armerina (Enna). Dal 23 settembre 1996 al 29 gennaio 1997, prese parte, con uno squadrone, all’Operazione “Implementation Force” nella città di Sarajevo, in Bosnia – Erzegovina. Dal 14 aprile al 18 agosto 1997, in Albania, fornì uno squadrone nell’ambito dell’Operazione “Alba”, presso la stazione aeroportuale militare di Rinas (Tirana). Dal 9 novembre 1997 al 15 gennaio 1998, partecipò nuovamente, con uno squadrone, all’Operazione “Vespri Siciliani” nella città di Palermo. Dal 1° ottobre 1997, il reggimento venne transitato alle dipendenze del Comando Brigata Meccanizzata “Friuli” (poi divenuta Brigata Aeromobile “Friuli”), come unità esplorante di quella Grande Unità elementare. Da marzo ad agosto 1999, uno squadrone prese parte all’Operazione “Costant Forge” in Bosnia – Erzegovina. Dal 26 ottobre 1999 all’8 marzo 2000, il reggimento fu impiegato nell’Operazione “Joint Guardian” in Kosovo. Dal 22 giugno al 3 novembre 2000, il I gruppo squadroni partecipò alla stessa operazione in Kosovo. Nel 2001, lo squadrone blindo pesanti venne inviato in FYROM (Former Yugoslavian Republic of Macedonia) nell’ambito dell’Operazione “Essential Harvest”. Dal 25 ottobre 2001 al 4 marzo 2002, il reggimento venne nuovamente schierato in Kosovo, nell’ambito dell’ Operazione NATO “Joint Guardian”. Dal 7 febbraio al 25 giugno 2003, un plotone dello squadrone blindo pesanti viene impiegato nell’Operazione “Concordia”, sotto l’egida dell’Unione Europea, in FYROM, sostituito, dal 26 giugno al 16 dicembre 2003, da un plotone del 3° squadrone. Dal 5 ottobre 2003 al 4 febbraio 2004, uno squadrone di formazione, su base 1° e 2° squadrone esplorante, partecipò all’Operazione “Antica Babilonia 2” in Iraq, inquadrato nella Brigata “Sassari”. Nel febbraio 2004, lo squadrone blindo pesanti avvicendò l’unità partecipando all’Operazione “Antica Babilonia 3” con la Brigata “Ariete”. Nel settembre del 2004, il gruppo squadroni, inquadrato nella Brigata Aeromobile “Friuli”, partecipò all’Operazione “Antica Babilonia 5”. Sempre nell’ambito dell’Operazione “Antica Babilonia”, dall’aprile 2005, il reggimento impiegò un plotone, con carattere di continuità, quale unità RSTA nell’ambito della Task Force Reconnaissance Surveillance and Target Acquisition. In particolare, da agosto 2005 a febbraio 2006, “Savoia” detenne il comando della Task Force RSTA. Da aprile 2006 fino a febbraio 2011, con turnazione semestrale, un plotone venne impiegato nell’Operazione “Joint Enterprise” in Kosovo, quale assetto specialistico all’interno della Compagnia Intelligence Survaillance and Reconnaissance (I.S.R.). Dall’ ottobre 2007 al maggio 2008, il reggimento venne impiegato nell’Operazione “Leonte 3” in Libano, nell’ambito della missione UNIFIL2 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, meritando una Croce di Bronzo al Merito dell’Esercito allo Stendardo. A decorrere dal maggio 2008 e fino a novembre 2010, con carattere di continuità e con turnazione semestrale, un plotone venne impiegato quale assetto specialistico nell’ambito della funzione “recce by stealth” e inquadrato nelle Task Force ITALBATT 2 che si alternarono nell’Operazione “Leonte”. Dal 11 ottobre 2009 al 24 aprile 2010, il reggimento fu inviato nuovamente in Libano, nell’ambito dell’perazione “Leonte 7”, assumendo la denominazione di ITALBATT 2, alle dipendenze della Brigata Aeromobile “Friuli” (Joint Task Force Lebanon Sector West). Il 2011 vide gli squadroni di “Savoia” impegnati sul territorio nazionale nell’ambito dell’Operazione “Strade Sicure” nella città di Milano: un complesso minore, su base 2° squadrone esplorante, assicurò l’attività di pattugliamento delle aree a rischio della città meneghina, dal 3 novembre 2010 fino al 16 marzo 2011. Dall’8 febbraio 2011 fino al 29 luglio 2011, un altro complesso minore, questa volta su base squadrone blindo pesanti, partecipò alla medesima operazione sempre nell’ambito del Raggruppamento Tattico “Milano”. Sempre a Milano, il 4 luglio 2011, il Sindaco, dott. Giuliano Pisapia, conferì al reggimento la cittadinanza onoraria. Dal 10 novembre 2011 al 9 marzo 2012, due complessi minori, su base 2° e 3° squadrone, assicurarono nuovamente il presidio degli obiettivi sensibili nella città di Milano. Dal 20 ottobre 2012 al 26 Aprile 2013, il reggimento venne impiegato nell’Operazione “Leonte 13” in Libano, assumendo la denominazione di ITALBATT alle dipendenze della Brigata Aeromobile “Friuli” (Joint Task Force Lebanon Sector West).
Il 2013 è l’anno della trasformazione, il Reggimento entra a far parte delle aviotruppe, transitando alle dirette dipendenze della Brigata paracadutisti “Folgore”. Personale di “Savoia” verrà successivamente schierato anche in Mali, all’interno dell’European Training Mission a partire dal 2015 con compiti di addestramento per le unità di cavalleria dell’esercito locale.
Dall’ottobre 2017 è nuovamente tempo di “Leonte” per “SAVOIA CAVALLERIA” e rientrato lo Stendardo, nell’aprile del 2018, continuerà a distaccare propri effettivi in molteplici Teatri Operativi: Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan e Libia, dove, dopo l’impegno del 2020 con lo squadrone “De Leone”, tornerà a guidare il Task Group Sicurezza, su base 1° squadrone “Abba” fino all’inizio del 2022. Il 2021 segna anche il ritorno, all’interno del Battaglione Multinazionale ISR, in Kosovo, di un plotone del 2° squadrone “Marchio”.
L’impiego sul suolo nazionale invece, vede il Reggimento chiamato a contribuire nel corso degli anni con i propri squadroni nelle Operazione “Vespri Siciliani”, “Domino” e più recentemente “Strade Sicure”. Nell’ambito di quest’ultima il Reggimento detiene il Comando del Raggruppamento “Toscana” sia nel 2020 che nel 2021, da Giugno a Dicembre.